IL GOVERNO DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI: PROFILI COSTITUZIONALI E AMMINISTRATIVI
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dalle 10:00 alle 17:00
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L’ipotesi che il mutamento del clima non sia più una minaccia, ma una lesione attuale di diritti degli esseri umani (e delle generazioni future), pone la scienza giuridica dinanzi a dilemmi che richiedono un esercizio teorico particolarmente delicato. Di fronte alla questione climatica non c’è categoria giuridica immune da un riesame, inclusa la nozione di “ambiente”, ora riportata negli articoli 9 e 41 Cost., rispetto alla quale il “clima” potrebbe dover significare alcunché di diverso o più specifico. Il
diffondersi in tutto il Pianeta del cosiddetto contenzioso climatico ne è la riprova: pronunciamenti di giudici di sistemi diversissimi convergono sul principio che il diritto al contenimento delle emissioni sia un diritto dell’essere umano in quanto tale, la cui appartenenza al sistema giuridico prescinde largamente da un previo atto di riconoscimento e di protezione da parte dello Stato. Diventa allora interessante chiedersi se e come possa avvenire la fondazione della disciplina giuridica di questo
diritto, nonché, rovesciando la prospettiva, confrontarsi con riferimento alle ricadute che essa può avere su tutti gli elementi della forma di Stato
(interpretazione costituzionale, separazione dei poteri, sistema della rappresentanza politica, giudizio di costituzionalità delle leggi). Non
meno interessante è interrogarsi in merito ai temi della pubblica amministrazione e del Governo: le leggi disciplinanti l’intervento pubblico sulle attività economiche correlate alla limitazione dei mutamenti climatici si sono rivelate foriere di nuovi modelli di amministrazione e di rapporti giuridici tra privati ed enti pubblici (o enti
privati in controllo pubblico) del tutto inediti rispetto al tradizionale schema incentrato sul potere discrezionale dell’autorità. Di nuovo, però, non può dirsi escluso il rischio di vedere all’opera (e lo si è visto) un potere privo di sufficienti garanzie: le leggi amministrative climatiche, per la loro finalità incentivante, riducono l’area di intervento degli enti pubblici preposti, che risulta limitata a funzioni di controllo, vigilanza e sanzione. Questi poteri puntuali restano tuttavia caratterizzati da una
non comune latitudine interpretativa (in merito al fatto che costituisce violazione) e spesso sono vincolati ad atti nuovamente discrezionali, questa volta di regolazione, del Governo. Il Convegno – nel quale i relatori potranno anche partire da tematiche circoscritte – trarrà spunto dagli argomenti surriferiti per ridiscutere l’attuale sistematica giuridica di fronte alla “sfida” del diritto “climatico”: se la risposta sia negli strumenti giuridici tradizionali o se sia invece opportuno il ricorso a soluzioni nuove, e, in quest’ultimo caso, se tali nuove soluzioni possano essere comunque ricondotte nell’ambito di categorie già esistenti e se invece implichino un abbandono delle correnti impostazioni.